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Tag: liquidità

  • Network Finance, la svolta “Paghiamoci” nella SCF

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    Network Finance, la svolta “Paghiamoci” nella SCF

    Una rete virtuosa che abbatte drasticamente i tempi di pagamento dei debiti commerciali tra le imprese, trasformando il problema della liquidità intrappolata in un’opportunità preziosa per tutti gli aderenti. Soluzione innovativa all’interno della Supply Chain Finance, a misura di tutte le imprese. La carenza di liquidità è un problema di grande rilevanza e persistente attualità per le PMI e non solo a livello italiano. Una situazione di tensione finanziaria dovuta in larga parte alla scarsa fluidità dei pagamenti dei debiti commerciali: le aziende faticano a incassare i crediti dai clienti e, conseguentemente, manifestano le stesse difficoltà a onorare i propri debiti nei confronti dei fornitori. La strada più immediata e nota è quella di rivolgersi a un istituto di credito per accendere un prestito, tuttavia questo iter è sovente oneroso. Da qui la necessità sempre più impellente di trovare strumenti che consentano di ovviare alla carenza di liquidità. Negli ultimi anni, complice lo sviluppo di nuove tecnologie, accanto agli strumenti di finanza tradizionale sono nati strumenti alternativi al credito bancario tradizionale che possono essere annoverati all’interno della definizione di “Supply Chain Finance”. Tale definizione, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, è riferita “all’insieme di soluzioni che consentono a un’impresa di finanziare il proprio capitale circolante (crediti, debiti, scorte), facendo leva sul ruolo che essa ricopre all’interno della catena di fornitura in cui opera e sulle relazioni con gli altri attori della filiera”. Tutto questo, abbassa il livello di rischio il che, a sua volta, facilita l’accesso al credito. Il contesto generale e le soluzioni di Supply Chain Finance Le crisi economiche più recenti hanno aggravato il quadro generale già precario come testimoniato dai numeri: in Italia il mercato dei crediti commerciali nel 2023 si è attestato sui 575 miliardi di euro complessivi, contro i 560 miliardi del 2022, secondo la fotografia più aggiornata fornita dall’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano e presentata di recente nel convegno “Supply Chain Finance: un nuovo aumento del ‘tasso’ di interesse?”. Ma in che cosa consistono, nella pratica, le soluzioni di Supply Chain Finance? Per semplificare si può dividere il set di strumenti a disposizione in due gruppi: Sempre secondo l’analisi dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, circa un quarto del mercato è già servito da soluzioni di Supply Chain Finance, 23%, per un valore di circa 130 miliardi di euro. Tra le diverse soluzioni, le più utilizzate nel 2023 sono il Factoring per un valore stimato di 60,4 miliardi di euro, stabile rispetto al 2022, e l’Anticipo Fattura per 54 miliardi di euro e anch’esso sugli stessi valori dell’anno precedente. Segue a distanza il Reverse Factoring, che fa registrare una crescita record del +10%, raggiungendo 8,9 miliardi di euro di valore. Seguono il Confirming (la soluzione in cui il debitore cedente rilascia all’operatore finanziario un’autorizzazione al pagamento dei fornitori), 1,6 miliardi di euro e in calo del 2%, e il Purchase Order Finance (l’utilizzo di un ordine ricevuto da un cliente con elevato merito creditizio come garanzia per un finanziamento) che si attesta sulla cifra di 1,1 miliardi di euro, in aumento dell’1% Nonostante abbiano ancora volumi limitati, crescono in modo sensibile la carta di credito b2b (3,5 miliardi di euro con un +13%), il Dynamic Discounting (soluzione tecnologica che consente il pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo pari a 0,7 miliardi di euro e un incremento di 0,7%) e l’Invoice Trading (marketplace per la cessione del credito che consente a terze parti di investire nelle fatture emesse dalle aziende e pari a 0,5 miliardi di euro con una crescita del 24%). Tutte queste soluzioni, oltre a soddisfare una parte minima delle necessità (poco meno di un quarto del mercato), non prescindono dal merito creditizio. Ciò significa che le PMI in difficoltà per larga parte hanno enormi difficoltà ad accedere a tali canali alternativi. La rivoluzione della Network Finance con Paghiamoci: una soluzione per tutte le imprese che abbatte i tempi di incasso delle fatture Paghiamoci rappresenta una soluzione del tutto inedita nel panorama del Supply Chain Finance (SCF) attraverso il suo servizio di Network Finance. Anche se non offre direttamente finanziamenti o servizi di factoring, Paghiamoci facilita la gestione finanziaria all’interno della catena di approvvigionamento di un’azienda, migliorando il flusso di cassa e riducendo i tempi di pagamento. Il suo cuore è l’utilizzo di algoritmi proprietari di intelligenza artificiale che utilizzano l’analisi dei Big Data e dei grafi derivanti dalla mappatura delle relazioni tra le imprese aderenti alla piattaforma per l’ottimizzazione dei flussi di pagamento e lo smobilizzo dei crediti commerciali. Questo sistema analizza i flussi finanziari all’interno della rete di aziende e identifica i percorsi più efficienti per il pagamento delle fatture, contribuendo a ridurre i tempi di pagamento e gli insoluti. In questo modo, Paghiamoci supporta le aziende nel migliorare la loro liquidità e nel gestire più efficacemente il capitale circolante. Inoltre, contrariamente a tutte le altre soluzioni, l’ingresso nel network non è subordinato ad alcun merito creditizio, la soluzione pertanto si rivolge a tutte le aziende. Grazie a tale approccio inedito ogni azienda che aderisce alla piattaforma può smobilizzare parte delle proprie fatture a credito e utilizzare la liquidità in ingresso per pagare le proprie fatture a debito. Questo riduce al minimo la necessità di liquidità iniziale, ottimizza la gestione del capitale circolante e razionalizza la necessità di accesso al credito. “Paghiamoci” si configura pertanto come un navigatore dei flussi finanziari che è in grado di soddisfare quel 75% di monte crediti commerciali che è privo di soluzioni. Le attività che si iscrivono alla piattaforma caricano le loro fatture e un sistema di algoritmi proprietari libera la liquidità intrappolata nei rapporti di debito e di credito tra le aziende orientando i flussi di pagamento e calcolando il percorso più lungo all’interno di questa rete che permette di pagare quante più fatture possibili durante il proprio cammino. Un meccanismo win-win in cui tutte le parti in gioco, il singolo aderente e la rete nel suo complesso, ci guadagnano. Inoltre

  • L’indice di solvibilità: calcolo e importanza

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    L’indice di solvibilità: calcolo e importanza

    Misurare la capacità di pagare i propri debiti è essenziale per capire se si possono mantenere gli impegni presi con i propri creditori. “Paghiamoci” ti offre un set di strumenti e di soluzioni per aiutarti a conoscere nel dettaglio e a irrobustire questo parametro. L’indice di solvibilità, noto anche come “indice di capacità di rimborso” o “indice di liquidità a lungo termine”, è un indicatore finanziario che misura la capacità di un’azienda di pagare i propri debiti entro le scadenze. In sintesi consiste nella capacità di un debitore di mantenere gli impegni presi con i propri creditori, restituendo integralmente e nei tempi stabiliti il denaro ricevuto in prestito. Conoscere e monitorare costantemente il grado di solvibilità della propria azienda è fondamentale per assicurare il buon funzionamento della stessa e adottare le decisioni migliori per il suo sviluppo. Ma perché l’indice di solvibilità è importante per le aziende? Per un’azienda la solvibilità è un elemento fondamentale che va sempre tenuto sotto stretto controllo, considerato che la presenza di debiti è praticamente fisiologica nella struttura aziendale. Per misurare il grado di solvibilità di un’azienda si ricorre all’indice di solvibilità; si tratta di un rapporto che permette di determinare, appunto, la capacità di saldare i propri debiti alla scadenza dei termini (siano essi brevi, medi o lunghi), in base ai flussi di cassa generati con la propria attività. Maggiori saranno i flussi, maggiore sarà la capacità di sostenere debiti importanti. Ovviamente, quanto più l’azienda riesce a onorare gli impegni presi con i creditori nei termini stabiliti, tanto più è da considerarsi solvibile e, dunque, in buona forma. In altre parole, l’indice di solvibilità definisce il livello di stabilità finanziaria di un’impresa e viene per questo impiegato da banche e istituti finanziari, insieme all’analisi di bilancio, per decidere se concedere o meno un prestito o un finanziamento e a quali tassi. Un’azienda solvibile possiede risorse economiche maggiori rispetto a quanto deve ai suoi creditori ed è in grado di gestire agevolmente il suo debito. Ma la verifica preliminare della solvibilità è consigliabile anche nella valutazione da parte di nuovi potenziali clienti e fornitori. Si tratta, infatti, di uno strumento imprescindibile quando bisogna stringere nuovi rapporti commerciali che richiedono pagamenti differiti. Un suo uso accurato e tempestivo permette di tutelarsi dal rischio di insolvenza. Ma come si calcola l’indice di solvibilità? Esistono diversi modi per calcolare l’indice di solvibilità, ma una delle formule più comuni prevede di dividere il patrimonio netto dell’azienda per il totale delle passività. Indice di Solvibilità = Patrimonio netto / Totale delle Passività Il patrimonio netto di un’azienda è la differenza tra il valore delle sue attività e il valore delle sue passività. Il totale delle passività, invece, rappresenta l’ammontare complessivo di tutti i debiti e le obbligazioni finanziarie dell’azienda. Ad esempio, supponiamo che un’impresa abbia un patrimonio netto di 500.000 euro e un totale delle passività di 1.000.000 di euro. Il suo indice di solvibilità sarebbe così ricavato: Indice di Solvibilità = 500.000 euro / 1.000.000 euro = 0,5 o 50% Ciò indica che il 50% delle passività dell’azienda potrebbe essere coperto vendendo il suo patrimonio netto. Una volta calcolato se: –il valore è maggiore di uno, l’azienda ha un eccellente grado di solvibilità e può ripagare senza difficoltà i suoi debiti; –il valore è uguale a uno, l’azienda ha le risorse necessarie per ripagare la totalità dei suoi debiti; –il valore è inferiore a uno, l’azienda non riesce a far fronte a tutti i suoi obblighi finanziari; Tuttavia, l’interpretazione dell’indice di solvibilità può variare a seconda del settore in cui opera l’azienda e delle sue specifiche condizioni finanziarie. Quali sono gli effetti per l’azienda che ha un indice di solvibilità positivo? Avere un’attività con un buon indice di solvibilità, quindi pari o superiore a uno, è importante per diversi motivi: – Garantisce la stabilità finanziaria perché significa che l’azienda ha adeguate risorse a lungo termine per far fronte ai propri obblighi. – Aumenta la fiducia degli investitori, in particolare quelli a lungo termine, perché l’indice positivo significa che l’impresa ha una buona capacità di generare profitti e di mantenere la sua attività nel tempo. – Facilita l’accesso al credito perché le banche e gli istituti finanziari saranno maggiormente propensi a concedere finanziamenti. L’azienda infatti ha risorse finanziarie a lungo termine per rimborsare il prestito senza problemi. -Migliora la reputazione dell’azienda che è considerata più solida e affidabile e gode di una migliore immagine sul mercato. Quali sono gli effetti per l’azienda che ha un indice di solvibilità negativo? Un indice di solvibilità inferiore a uno o negativo indica che il patrimonio netto dell’azienda non è sufficiente a coprire il totale delle sue passività. Ciò può comportare: -Difficoltà nel rimborsare i debiti e le proprie obbligazioni finanziarie a lungo termine. -Ridotta capacità di investimento poiché gran parte delle risorse finanziarie aziendali potrebbe essere impegnata nel rimborsare i debiti. -Difficoltà ad accedere al credito, considerato che le banche e gli istituti finanziari sono meno propensi a concedere fidi alle aziende in questa situazione. -Riduzione della fiducia degli investitori poco propensi a sostenere un’impresa con prospettive molto incerte. Quali strategie si possono attuare per migliorare l’indice di solvibilità di un’azienda? Un’azienda può adottare svariate strategie per migliorare la sua solvibilità. Tra queste: -Aumentare il proprio patrimonio netto con l’emissione di nuove azioni, l’incameramento di utili o l’acquisizione di nuovi finanziamenti. -Ridurre il proprio debito con il taglio dei costi, l’aumento delle entrate o la vendita di asset non essenziali. -Migliorare la gestione del capitale circolante attraverso il contenimento dei crediti inesigibili, l’efficientamento dei processi di fatturazione e il controllo dei propri stock. -Migliorare la redditività dell’azienda accrescendo la capacità di generare flussi di cassa e, quindi, incrementando la solvibilità. -Diversificare le fonti di finanziamento minimizzando così il rischio di dipendenza da una sola fonte di finanziamento. In generale, migliorare la solvibilità dell’azienda richiede una gestione finanziaria attenta e una pianificazione strategica a lungo termine. La differenza tra solvibilità e liquidità Sebbene si tenda spesso a utilizzarli come sinonimi, solvibilità e liquidità

  • Il flusso di cassa: che cos’è e perché è importante

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    Il flusso di cassa: che cos’è e perché è importante

    Assieme al capitale circolante è uno tra i parametri da tenere sotto controllo per assicurare buona salute alla propria azienda. Il network “Paghiamoci” ti aiuta a migliorarlo. Il cash flow è l’ammontare di denaro che entra e che esce dall’azienda in un determinato periodo di tempo, solitamente un anno. Questa grandezza rappresenta un indicatore molto importante ai fini di una corretta gestione finanziaria. Una sorta di termometro dello stato di salute dell’impresa attraverso il quale è possibile valutare la capacità di finanziare le proprie attività, di remunerare i soci e di rimborsare i debiti. Ma quanti tipi di cash flow esistono? Esistono tre tipi di cash flow che sono comunemente utilizzati per valutare la situazione finanziaria di un’impresa. 1- Cash flow derivante dalle attività operative: rappresenta l’ammontare di denaro generato dalla produzione e vendita di beni e di servizi; 2- Cash flow derivante dalle attività d’investimento: tiene conto degli investimenti effettuati in macchinari, attrezzature o altre attività. Comprende quindi gli incassi e i pagamenti a questi collegati e permette di valutare l’effetto delle scelte di investimento sull’andamento finanziario dell’azienda. 3- Cash flow derivante dalle attività di finanziamento: tiene conto degli incassi e dei pagamenti relativi a prestiti e finanziamenti, in breve dalla gestione di debiti e di crediti. Comprende quindi i flussi di denaro connessi al finanziamento dell’azienda, come l’emissione di obbligazioni o l’ottenimento di prestiti bancari. Ma come si calcola il cash flow? Il cash flow corrisponde alla liquidità disponibile in azienda. Partendo da questo presupposto, la prima possibile formula per calcolare il flusso di cassa potrebbe essere: liquidità iniziale – liquidità finale, intesa come la differenza tra la liquidità indicata nel bilancio d’esercizio precedente e quella attualmente registrata. Tale formula, tuttavia, non permette di capire quali elementi incidono nella variazione di tale parametro. Ricordiamo infatti che il motivo principale per cui si rende necessario il calcolo del cash flow è quello di comprendere come funzionano i flussi monetari di un’azienda. Per questo motivo è bene ricorrere a tre formule, una per ogni categoria di flusso di cassa. Calcolo del cash flow operativo (free cash flow) Il flusso di cassa operativo riguarda la variazione di liquidità strettamente connessa alla produzione e alla vendita. La formula è la seguente: risultato netto + ammortamenti + accantonamento per le riserve – risultati eccezionali + attivo circolante – passivo circolante= flusso di cassa operativo Formula del cash flow da attività di investimento Il cash flow da investimento o investing cash flow è relativo invece ad acquisizioni (e cessioni) di immobilizzazioni e di titoli di partecipazione. Si tratta di un flusso di cassa utile sia per valutare la liquidità disponibile nell’ambito degli investimenti, sia per calcolare il cash flow verso l’impresa (o free cash flow to the firm). La formula è: cessione di immobilizzazioni + cessione titoli di partecipazione – acquisizione immobilizzazioni – acquisizione titoli di partecipazione = investing cash flow Calcolo del cash flow da attività di finanziamento In questo caso parliamo di un flusso di cassa che riguarda la variazione di liquidità tra fondi propri, finanziamenti dei soci e capitale esterno. Si ricava nel modo seguente: aumento di capitale + crediti finanziari – debiti finanziari ± variazione dei finanziamenti da soci e azionisti – dividendi versati= financing cash flow Ma in che modo “Paghiamoci” migliora il cash flow aziendale? Il network “Paghiamoci” offre un innovativo sistema di smobilizzo dei crediti commerciali che consente di incassare prima le fatture impagate, trasformando la liquidità bloccata in una risorsa preziosa senza ricorrere a prestiti. Questo grazie al lavoro di una serie di algoritmi proprietari alimentati dall’intelligenza artificiale che calcolano il percorso più efficace dentro il network di imprese per massimizzare gli incassi e i pagamenti tra gli iscritti. Una sorta di navigatore che orienta i flussi di pagamento liberando la liquidità intrappolata nella rete. Con effetti positivi quindi sul cash flow aziendale, in particolare quello operativo, e sullo stato di salute complessivo dell’impresa. Miglioramento che, riferito ad aziende che operano in un contesto collaborativo, ha effetti positivi sull’intera rete. Gli aderenti in buona salute, che incassano prima e più facilmente le loro fatture e conseguentemente possono pagare con più puntualità i fornitori, significa un network più forte, più solido e dove la fiducia reciproca si rafforza.